5 giugno 2018 (martedì)

Roberto Mazzoli racconta la storia del diario di Alfredo Sarano.

Dalla scoperta di un libretto edito dai frati nel 1953 agli echi di una trasmissione televisiva di Tel Aviv. Un po' il caso, un po' la tenace ricerca del giornalista Mazzoli hanno dischiuso una finestra su donne, uomini e gesta che richiavano di essere dimenticati, ma che da quest'anno sono consegnati indelebilmente alla memoria. E Mombaroccio li ha insigniti del Riconoscimento di Elevati Meriti, i primi concessi dopo l'approvazione del nuovo regolamento sulle onorificenze voluto dall'Amministrazione Vichi e approvato all'unanimità dal Consiglio Comunale.

Il nuovo incontro delle sorelle Sarano e dei loro familiari con Mombaroccio comincia, il 6 maggio 2018, con la visita al Santuario del Beato Sante.

Il nuovo incontro delle sorelle Sarano e dei loro familiari con Mombaroccio comincia, il 6 maggio 2018, con la visita al Santuario del Beato Sante. Nella foto il Sindaco Angelo Vichi sta per consegnare il primo Riconoscimento di Elevati Meriti.

Dopo il giro nella chiesa e nel chiostro, è la volta dello storico refettorio e dell'antiquarium, che conserva la lettera in latino di Erich Eder a sua madre.

Dopo il giro nella chiesa e nel chiostro, è la volta dello storico refettorio e dell'antiquarium, che conserva la lettera in latino di Erich Eder a sua madre.

Un doveroso omaggio al simbolico leccio della memoria, piantato l'anno scorso.

L'inizio della cerimonia nel teatro comunale, presenti il Prefetto Carla Cincarilli, l'Assessore di Pesaro Giuliana Ceccarelli e il Vice Presidente della Comunità ebraica di Ancona Remo Morpurgo. Dopo il via con le musiche suonate dalla fisarmonica di Raffaele Damen, è stato il momento della presentazione del libro "Siamo qui siamo vivi", curata, con l'autore, da Samuele Giombi.

Non è mancato un giro nelle grotte del Santuario.

Quindi la proiezione del film "Il giardino dei Giusti" del regista Giorgio Ricci, la lettura di alcuni brani del diario di Alfredo Sarano da parte degli allievi della scuola media di Mombaroccio e alcune intense testimonianze di chi allora era presente.

Infine, la consegna degli attestati di Riconoscimento di Elevati Meriti agli eredi dei protagonisti di allora. Per tutti quello del Riconoscimento a Padre Sante Raffaelli, consegnato nelle mani di Padre Renato Martino, guardiano del Convento del Beato Sante.

Un doveroso omaggio al simbolico leccio della memoria, piantato l'anno scorso.

L'inizio della cerimonia nel teatro comunale, presenti con il Sindaco Vichi il Prefetto Carla Cincarilli, l'Assessore di Pesaro Giuliana Ceccarelli e il Vice Presidente della Comunità ebraica di Ancona Remo Morpurgo.

Dopo il via con le musiche suonate dalla fisarmonica di Raffaele Damen, è stato il momento della presentazione del libro "Siamo qui siamo vivi", curata, con l'autore, da Samuele Giombi. Quindi la proiezione del film "Il giardino dei Giusti" del regista Giorgio Ricci, la lettura di alcuni brani del diario di Alfredo Sarano da parte degli allievi della scuola media di Mombaroccio e alcune intense testimonianze di chi allora era presente.

Infine, la consegna degli attestati di Riconoscimento di Elevati Meriti agli eredi dei protagonisti di allora. Per tutti quello del Riconoscimento a Padre Sante Raffaelli, consegnato nelle mani di Padre Renato Martino, guardiano del Convento del Beato Sante.

Intervista di Mauro Ferri

Questa è una storia di amore, di fede e di poesia. Emozioni forti, tra paura, orgoglio, speranza, senso del dovere e, soprattutto, profonda umanità di donne e uomini oggi scomparsi, ma che hanno lasciato tracce profonde nei ricordi di chi ha vissuto, da bambino,  i giorni difficili del 1943 e può ancora, oggi, raccontarceli. E ai ricordi si aggiungono i documenti, uno dei quali, un diario, getta nuova luce sugli accadimenti di quegli anni e pone nuove tessere nel mosaico della memoria.

Oggi dobbiamo al tenace impegno e alla determinazione di Roberto Mazzoli, direttore del settimanale diocesano di Pesaro “Il Nuovo Amico”, se quegli eventi e, soprattutto, quelle emozioni ci sono restituiti vividi e straordinariamente attuali e se anche noi, che quell’epoca non abbiamo vissuto, ci sentiamo più vicini ai protagonisti di allora, fin quasi ad avere l’impressione di conoscerli.
Incontro Roberto Mazzoli nella sua redazione, davanti al duomo di Pesaro. Sul tavolo una copia del libro “Siamo qui, siamo vivi”, il diario di Alfredo Sarano che Mazzoli ha curato in cinque anni di lavoro e dato alle stampe con il Gruppo Editoriale San Paolo; nel corridoio le locandine di alcune delle oltre trenta presentazioni che ha tenuto dall’inizio di quest’anno tra cui Milano, Roma, Pesaro e, ovviamente, anche Mombaroccio, con la consegna dei Riconoscimenti di Elevati Meriti che l’Amministrazione comunale ha voluto dare agli eredi dei protagonisti di allora.
Chiedo a Mazzoli come è nata tutta  questa storia, che ha portato le figlie di Alfredo Sarano e il figlio del sottufficiale tedesco Erich Eder in pellegrinaggio a Mombaroccio più volte negli ultimi anni.
“Tutto comincia con un libretto, ‘Il Comandante Eder ritorna’, scritto da Padre Giulio Mencarelli nel 1953 e capitatomi tra le mani dopo la sua morte, nel 2011. Era stato edito dai frati e raccontava la storia del pellegrinaggio votivo che quell’anno Erich Eder fece al Santuario del Beato Sante per sciogliere il voto che aveva contratto nel chiedere in tempo di guerra la protezione del Beato.”
Classe 1923, Erich Eder aveva trent’anni quando, giunto al Brennero in treno, prese la bicicletta e, discesa la valle dell’Adige, attraversò la pianura padana, seguì la via Emilia fino al mare, imboccò la via Flaminia e, da Pesaro, salì al colle del Santuario. Lo aveva promesso. Nei colloqui che aveva avuto dieci anni prima con Padre Sante Raffaelli, assumendosi la responsabilità di non denunciare la famiglia di ebrei che i frati proteggevano e che alcune famiglie del paese nascondevano, il comandante della Wehrmacht Eder lasciò al frate una lettera in latino, con la preghiera di farla recapitare a sua madre, se non fosse sopravvissuto. Quella lettera è oggi conservata nel piccolo museo del Convento. Non fu necessario spedirla.
“Mencarelli racconta nel suo libro che il Convento dava rifugio anche a molti sfollati e persino a partigiani” aggiunge Mazzoli “vicende riprese anche da Padre Giancarlo Mandolini nel libro ‘Distruggete quel Convento’, dove si conferma che Eder aveva riconosciuto la presenza di ebrei, ma aveva deciso di non denunciarli.”
Ma chi erano quegli ebrei?
“Una bellissima vicenda che non aveva nomi. Cominciai a chiedere in giro, a partire dagli anziani, feci ricerche su internet e nelle biblioteche, ma sembrava che un velo di oblio avesse celato i protagonisti.”
Poi il caso, o forse la provvidenza, ci mette lo zampino.
“Anche senza i nomi di tutti i protagonisti, era comunque una bella notizia da recuperare. Stavo preparando un articolo per Avvenire da pubblicare nel giorno della memoria del 2012 (27 gennaio n.d.r.), quando ho trovato su internet la notizia che in Israele in un concorso culinario premiavano un ristorante italiano di Tel Aviv, Il Pastaio, e i titolari nel ritirare il premio dissero di essere una famiglia italiana rifugiatasi durante la guerra sulle colline di Pesaro, a Mombaroccio.”
Erano le figlie di Alfredo Sarano, Matilde, Vittoria e Myriam, trasferitesi in Israele nel 1969.
“Poi ho saputo che nel duemila si erano incontrate con Igino e Annetta Ciaffoni, una delle due famiglie di Mombaroccio che le avevano tenute nascoste, ma non ne avevano fatto parola con nessuno. Allora ancora non sapevano che la loro salvezza era dipesa anche dall’ufficiale tedesco.”
Così Mazzoli prende contatto con la famiglia Sarano e nel 2013 avviene il primo loro viaggio in forma ufficiale a Mombaroccio. In quell’occasione vennero prodotte le “pietre d’inciampo” con i nomi dei protagonisti, pietre che saranno poi collocate due anni dopo a cura dell’Amministrazione comunale nel chiostro dell’ex convento dei Girolomini, nel cuore del castello di Mombaroccio. Dopo il loro primo incontro, le sorelle Sarano inviano a Mazzoli il PDF del diario del loro padre.
“Alfredo Sarano ha scritto il suo diario poco prima di morire, riordinando gli appunti che aveva su centinaia di foglietti sparsi” dice Mazzoli “era un uomo molto attento e metodico, che annotava tutto. Ne fece tre copie dattiloscritte che diede alle figlie. Racconta tutti gli accadimenti di Milano, sede della prospera comunità ebraica più grande d’Italia, oltre tredicimila persone, della quale Sarano era Segretario.”
Alfredo Sarano aveva in mano un vero elenco anagrafico dei membri della comunità, per fini tributari. Infatti, una legge del 1932 (Legge Falco), prima di quelle razziali del ’38, consentiva alle comunità ebraiche di vivere in maniera autonoma, autotassandosi.
“Dopo le leggi razziali il Comune di Milano lo chiama per farsi dare i suoi elenchi. Sarano capisce il rischio e inizia a depistare, fornendo nomi e indirizzi sbagliati. Ma la cosa importante di questo diario è che oggi, dopo settanta anni, sappiamo cosa è successo a Milano, perché non si sapeva. È un documento di grande importanza storica; Alfredo Sarano era sempre nel posto giusto al momento giusto, i suoi ricordi si incastrano perfettamente con i dati storici, a volte aiutano quelli a essere più precisi.”
Il 12 settembre del 1943 Milano è occupata, Alfredo Sarano aveva già fatto trasferire la sua famiglia nelle Marche.
“Sa che stanno arrivando i tedeschi e sa che vorranno le sue liste. Vorrebbe bruciarle, ma non ci riesce, sono troppi faldoni, fuoco e fumo attirerebbero l’attenzione. Trova però il modo di nasconderle. Ha paura di essere catturato, teme soprattutto la tortura e teme di non riuscire a non parlare. Questa paura emerge con forza dalle sue pagine. Riesce comunque a fuggire e a raggiungere la sua famiglia a Mombaroccio.”
Il resto della vicenda è noto: la protezione dei frati del Convento, l’aiuto delle famiglie Ciaffoni e Perazzini, il coraggio del comandate tedesco.
Per non dimenticare, e per rendere il giusto merito al coraggio, il Consiglio Comunale di Mombaroccio ha deliberato unanime il Riconoscimento di Elevati Meriti ad Alfredo Sarano e Diana Hadjes, a Padre Sante Raffaelli, a Erich Eder, a Igino Ciaffoni e Annetta Ferri e a Dante Perazzini. Gli attestati sono stati consegnati in una solenne cerimonia tenutasi nel teatro di Mombaroccio il 6 maggio 2018, unitamente alla presentazione del libro “Siamo qui siamo vivi” e alla proiezione del cortometraggio “Il Giardino dei Giusti”, realizzato nel 2013 dagli allievi della scuola media di Mombaroccio con la regia di Giorgio Ricci.



 
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